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Paolo Nori

Nato a Parma nel 1963, ha lavorato come ragioniere in Algeria, Iraq e Francia. Laureato in letteratura russa, ha lavorato in Francia per tre anni per un'impresa edile, e poi come traduttore dal russo e dal francese. Ha pubblicato Le cose non sono le cose (Fernandel 1999), Bassotuba non c’è (DeriveApprodi 1999), Spinoza (Einaudi 2000), Diavoli (Einaudi 2001), Grandi ustionati (Einaudi 2001), Si chiama Francesca, questo romanzo (Einaudi 2002), I quattro cani di Pavlov (Bompiani, 2006) e, insieme a Marco Raffaini, Storia della Russia e dell’Italia (Fernandel 2003). Ha tradotto e curato l’antologia degli scritti di Daniil Charms Disastri (Einaudi) e l’edizione dei classici di Feltrinelli di Un eroe dei nostri tempi di Lermontov e delle Umili prose di Puškin. Con Feltrinelli ha pubblicato Gli Scarti (2003), Pancetta (2004), Ente nazionale della cinematografia popolare (2005).
Collabora con Il Caffè letterario, bimestrale di letteratura ed immagini.


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In sintesi

Il protagonista di questo romanzo non ha solo un doppio, ma addirittura un triplo, e le loro voci si alternano in un grottesco madrigale di stravaganti e spassosi monologhi interiori. Il singolo, Paolo, è uno scrittore in crisi, che attende la nascita del figlio cercando di smettere di fumare e di perdere qualche decina di chili di troppo; il doppio, Learco, è uno sceneggiatore anarchico che si accompagna a una donna soprannominata "Togliatti", in virtù delle sue idee politiche; il triplo, Olaf, è un agente segreto che lavora per una potenza straniera...


La recensione de L'Indice

Questi Quattro cani di Pavlov segnano invece un ritorno alle origini condotto come s'immagina con l'abituale scaltrezza metaletteraria. Paolo Nori mette in scena tre personae fictae monologanti: il singolo il doppio e il triplo. Singolo e doppio sono rispettivamente la voce narrante e il redivivo Learco Ferrari cui si aggiunge per l'occasione un terzo delirante che straparla di quartieri generali e complotti neonazisti. Le vicende narrate trovano naturalmente modo di intrecciarsi e ognuno dei tre attori in scena è a un certo punto della storia somigliato a uno dei famosi quattro cani di Pavlov (questa la spiegazione di un titolo come sempre bislacco e in apparenza insensato).Su una struttura di complessità in certi passi scoraggiante Nori inserisce con eleganza la sua abituale riflessione sui rapporti che intercorrono fra il mondo e la sua rappresentazione: che sia questo l'intento è svelato da una spia testuale clamorosa cioè la numerazione dei monologhi secondo il metodo introdotto da Wittgenstein nel Tractatus. Si capisce che il riferimento sarà tuttavia da non prendersi troppo alla lettera stante l'ovvia insussistenza di logische Gewicht di rilievo logico nelle relazioni fra le persone: ma ignorarlo sarebbe fare un torto alla destrezza compositiva dell'autore. Dal filosofo viennese Nori mutua senza dubbio e qui ha meno rilievo la circostanza che l'intento sia parodico la prima proposizione: Die Welt is alles was der Fall ist il mondo è tutto ci= che accade. Nel mondo di Nori tutto accade in forma di variazione cos8 come le Goldberg di Bach (qui non citato: occorre invece la sonata n. 109 come per= spiegata da Glenn Gould rivoluzionario interprete novecentesco proprio delle Goldberg).Un'opera di questo genere oltre che colpire per la precisione con cui è architettata pone tuttavia alcuni interrogativi su Nori e poi sulla narrativa italiana contemporanea e il suo stato. Perché un autore di talento molto riconosciuto e con una bibliografia cospicua alle spalle avverte il bisogno di tornare alle sue origini? Che cosa di tanto rilevante avevano in sé quelle opere pi· o meno giovanili perchè ne fosse composta una variazione cos8 complessa da sembrare riprendendo l'omologia con le Goldberg un vero e proprio quodlibet? E infine: esiste un pubblico per questo genere d'esercizio?Paolo Nori è stato fin dagli esordi autore di ardua collocazione nello scenario degli scrittori italiani. Gli ultimi due suoi prodotti narrativi uno quasi romanzesco sono un segno dell'incertezza di questo tempo letterario e lo eleggono a testimone magari involontario di sicuro eccellente di un'intera generazione letteraria.

Giovanni Choukhadarian



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