andrea vitali - le tre minestre - l'aquilone

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andrea vitali - le tre minestre

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Confesso che sin da giovane ho avvertito la necessità di scrivere, di usare la scrittura come mezzo di comunicazione con gli altri.

Come confessione, me ne rendo conto, non è gran che, ma non riesco a partire da altro punto per tentare di spiegare come sono arrivato a raccontare un certo tipo di storie.

All'inizio quindi era la scrittura, non concepita come esercizio solitario - nessun diario nella mia infanzia e nemmeno nella gioventù- ma come esperienza da condividere. Insomma, ci voleva qualcuno che leggesse quel che scrivevo.

La prima occasione che mi si presentò fu, attorno ai quindici anni, una morosetta cui, più che parlare, stante l'innata timidezza, iniziai a scrivere appassionate lettere di cui spero non esista più traccia. La morosetta a un certo punto se ne trovò un altro, un tipo pratico che non aveva molta dimestichezza con le lettere: possedeva però un motorino e tanto bastò per chiudere la storia. Patii il giusto, riversando la mia sofferenza in poesie strazianti: del loro destino non so più niente, anche se spero abbiano fatto la stessa fine delle lettere di cui sopra. La sofferenza, si sa, fortifica e le pene d'amore a quell'età sono sofferenze allo stato puro.

Una volta rasserenato credetti di riuscire a vedere chiaro nella mia vita e nel mio futuro. Nel frattempo era passato qualche anno. Avevo trovato un'altra morosa, frequentavo il liceo classico e continuavo a domandarmi cosa fare di questa necessità di scrivere, in quale direzione rivolgerla. Finalmente capii: dovevo fare il giornalista. Facile dirlo. Non così facile andarlo a dire a mio padre che su di me, primogenito, aveva puntato più di una carta, altrimenti non mi avrebbe iscritto al liceo.

Tentai, comunque. Forte delle mie letture dei classici, organizzai un bel discorso, un ragionamento tanto logico che avrebbe portato l'amato e temuto genitore alla mia stessa conclusione: quello del giornalista era il mio mestiere. Mio padre lasciò fare. Cioè, mi lasciò dire. Parlai per il quarto d'ora che durò il mio discorso senza essere interrotto. Alla fine, lasciato correre un mezzo minuto di silenzio, mi rispose: "No".

La mia carriera di giornalista finì lì. Proseguii gli studi, feci l'università, anche se in mezzo a tutti gli impegni quella necessità sotterranea, quotidiana, vivace, di usare la scrittura per farne qualcosa, non mi abbandonò mai.

E fu proprio grazie a mio padre che, alla fine, compresi come potevo indirizzarla.

>> dal sito Andreavitali.net

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Le tre minestre


Cristina, ministro degli Interni, è preposta alla conduzione delle faccende domestiche e alla cucina; Colomba, ministro dell'Agricoltura, si occupa dell'orto e delle attività agricole di famiglia; Paola infine, ministro degli Esteri, è impegnata professionalmente fuori casa e cura le relazioni con vicini e parenti. Filo conduttore del racconto di Vitali sono le qualità attribuite ai cibi di casa, più particolarmente le loro presunte virtù terapeutiche, a cui si legano vari aneddoti. Siamo in un'Italia di provincia, negli anni Sessanta, dove ancora si parla il dialetto e "la saggezza si esprime in assiomi che non ammettono repliche". Le zie circondano il ragazzino con un affetto "rustico ma profumato", dettato dal buon senso ma ancora pregno di superstizioni, retaggio di una cultura popolare di altri tempi. Ne emerge uno spaccato di vita vissuta e di costume di grande suggestione, delicatamente nostalgico e al contempo ironico. Un autentico tuffo nel passato al quale contribuisce anche il verace ricettario della tradizione locale che affonda le radici nel territorio, tra le sponde del lago di Como e le valli retrostanti.


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la recensione di IBS.it

“La minestra è la biada dell’uomo”. Come un’eterna e infallibile massima le tre zie di campagna erano solite pronunciare questa frase ogni qual volta Andrea bambino provava a rifiutare quel piatto poco succulento. Ingurgitare il brodo però era assolutamente necessario per crescere con un corpo di sana e robusta costituzione e avere una mente solida: le proprietà benefiche e ristoratrici delle ministre, sciorinate fino allo sfinimento, non lasciavano scampo al bambino. D’altra parte le tre zie Cristina, Paola e Colomba amministravano l’infantile albergo con una precisione e una diligenza tali che conferivano loro un’autorità indiscutibile e le rendeva del tutto simili a dei ministri. A Cristina era stato affidato il Ministero degli Interni, con il compito di provvedere al governo della casa e all’acquisto delle derrate alimentari; a Colomba, ministra dell’Agricoltura, spettava invece la cura dell’orto; mentre Paola, che si occupava delle pubbliche relazioni presso un opificio locale ed era direttore artistico della piccola compagnia teatrale del paese, era ministra degli Esteri. Sebbene preposte ciascuna a un’attività diversa e indipendente, le zie avevano però sempre espresso -unanimi - il loro inappellabile giudizio sulla minestra, al punto che, nella mente di Andrea, i due termini avevano finito per identificarsi e le tre ministre erano diventate presto le tre minestre.
Ecco svelato il calembour contenuto nel titolo del nuovo libro di Andrea Vitali, un racconto scritto a mo’ di romanzo in cui, a partire da questo simpatico episodio, l’autore ripercorre le tappe della sua infanzia.
Che la vita adulta porti con sé i segni indelebili della fanciullezza è innegabile, ciascuno di noi custodisce dei ricordi, delle immagini che si scolpiscono nella memoria e vi restano ad aeternum. Se poi - come spesso accade nei bambini - si è dotati di una spiccata fantasia è facile che certe raffigurazioni finiscano per imporsi fino a trovare spazio - magari complice il mestiere di scrittore - fra le pagine di un libro. Nel caso di Andrea Vitali è stato così: la ministra, le tre zie zitelle e la campagna comasca si sono sedimentate e hanno dato vita a un romanzo.
Nelle pagine di questo libro scorrono veloci le immagini della periferia adiacente alle sponde del lago di Como, di quell’Italia degli anni Sessanta popolata da uomini e donne che, memori delle ristrettezze della Guerra, lottavano ancora per uscire dalla crisi. Un racconto intenso e delicato dove l’affetto e la nostalgia per gli anni sereni dell’infanzia passano attraverso la descrizione delle tradizioni familiari o l’uso del dialetto, le ricette delle zie e i rimedi naturali, a dire l’intimità e la semplicità di un’esistenza fatta di sacrifici e di fatiche e tuttavia dignitosa e autentica. È la letteratura dei luoghi vissuti quella di Vitali, la storia di un passato che non esiste più ma che resta vivo nel ricordo e fa da motore per la scrittura, innescando implacabile il confronto con un presente che per certi versi (vedi la povertà di ritorno) lo ricorda identico, ma i cui valori si sono irrimediabilmente persi.
Le tre minestre è un atto d’amore, un tributo affettivo che l’autore ha voluto rendere alla propria terra e alla propria famiglia, un’autobiografia romanzata costruita per immagini da cui trapela il desiderio, o meglio la speranza, che quelle istantanee possano almeno rivivere nella memoria. Qualora poi il lettore fosse curioso e volesse far riaffiorare i sapori della tradizione locale potrà attingere al dettagliato ricettario riportato in fondo al libro che spiega per filo e per segno come realizzare i piatti tipici - dai primi ai secondi fino ai dolci - della cucina delle “Tre Minestre”.

fonte:
IBS .it

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